Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore on. dott. Vincenzo Leanza, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Giovanni Carapezza Figlia e Francesco Castaldi, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 42 del 2 febbraio 2001; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la Regione siciliana e lo Stato per effetto del decreto 13 dicembre 2000 del direttore generale del Dipartimento delle entrate di concerto con il Ragioniere generale dello Stato recante "Modalita' di riversamento all'erario dell'acconto I.V.A. di dicembre 2000, ai sensi dell'art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale, n. 293 del 16 dicembre 2000. F a t t o L'art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405, e successive modifiche ed integrazioni, dopo aver disposto (comma 2), che i contribuenti sottoposti agli obblighi di liquidazione e versamento previsti dall'art. 27, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, eseguano il versamento dell'I.V.A. dovuta, a titolo di acconto, entro il 27 dicembre di ciascun anno, prevede, al comma 5-ter, la possibilita' di stabilire, con apposito decreto ministeriale, i tempi e le modalita', nei rapporti tra aziende di credito, concessionari e Banca d'Italia, per il riversamento all'erario entro il 31 dicembre delle somme relative all'acconto stesso. Il decreto di che trattasi, che con il presente ricorso si impugna - riproducendo sostanzialmente quanto disposto con il decreto 7 dicembre 1999, anch'esso impugnato dalla Regione, relativamente all'acconto I.V.A del dicembre 1999 - prevede una unica sede centrale per il riversamento delle somme versate a titolo di acconto dell'imposta sul valore aggiunto ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, alle banche ed alle agenzie postali, facendo appunto obbligo agli incaricati di riversare in Banca d'Italia, sezione di tesoreria provinciale dello Stato di Roma - Tuscolano, sulla contabilita' speciale denominata "Fondi della riscossione", il gettito riscosso. La stessa sezione di tesoreria provinciale dello Stato viene autorizzata dall'art. 1, comma 2, del medesimo decreto a prelevare dalla predetta contabilita' speciale le somme versate ai sensi del precedente comma per l'imputazione al pertinente capitolo del bilancio dello Stato (cap. 1203/1) entro la data del 29 dicembre 1999 "ad eccezione di lire 135 miliardi, quale stima del gettito dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto spettante alla Regione siciliana, salvo successivo conguaglio". L'esclusione delle predette somme dall'acquisizione al bilancio statale non e', all'evidenza, sufficiente a garantire l'indispensabile immediata attribuzione all'erario regionale delle proprie spettanze, atteso che nessuno specifico sistema, ne¨ alcun termine di adempimento, e' stato previsto al fine dell'acquisizione delle stesse al bilancio regionale. Si e' determinato pertanto un grave ritardo nella percezione di entrate di riconosciuta spettanza regionale, che non ha consentito l'immediata acquisizione per cassa nell'esercizio finanziario 2000 delle somme relative, causato, appunto, dal provvedimento impugnato, nella parte in cui non ha previsto il riversamento alla Regione siciliana delle somme spettanti direttamente nelle sue casse - cosi' come era previsto nell'analogo provvedimento ministeriale emanato per l'anno 1998 (D.M. 15 dicembre 1998 in G.U.R.I. n. 297 del 21 dicembre 1998) - e non ha, in alternativa, individuato alcun altro specifico meccanismo che consentisse la immediata acquisizione delle stesse al bilancio della Regione. Pertanto, le censure avanzate innanzi a codesta ecc.ma Corte in sede del ricorso per conflitto di attribuzione insorto per effetto del gia' citato decreto 7 dicembre 1999 (n. 9/2000 registro conflitti), si ripropongono integralmente nei confronti del decreto dirigenziale 13 dicembre 2000, che si manifesta lesivo delle attribuzioni della Regione siciliana e dell'autonomia finanziaria della stessa e viene censurato per le seguenti ragioni di D i r i t t o Violazione degli articoli 36 e 20 dello Statuto siciliano e delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Ai sensi dell'art. 36 dello Statuto siciliano e delle norme di attuazione recate dal d.P.R. n. 1074 del 1965 spettano alla Regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, ed a parte talune individuate eccezioni, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate. Ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, espressamente richiamato dall'art. 8 delle predette norme di attuazione, alla Regione sono inoltre attribuite le relative funzioni esecutive ed amministrative, per l'esercizio delle quali la stessa e' autorizzata ad avvalersi, fino a quando non sara' diversamente disposto, degli uffici periferici dell'amministrazione statale. La competenza riconosciuta in capo alla Regione in materia di riscossione delle entrate tributarie di spettanza regionale dalle citate norme statutarie e di attuazione dello Statuto nonche' dalla consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (cfr., per tutte, sentenza n. 186/1999) viene radicalmente disattesa dall'impugnato decreto dirigenziale nella parte in cui non prevede il versamento alla Cassa regionale siciliana della quota di propria spettanza entro il mese di dicembre 2000, (cosi' come viceversa era stato previsto dall'art. 1, comma 5, del decreto dirigenziale 15 dicembre 1998 per cio' che atteneva all'acconto IVA dicembre 1998) o comunque non individua specifici meccanismi attributivi che consentano l'acquisizione nello stesso termine al bilancio regionale delle somme spettanti alla Regione. Giova al riguardo ricordare che codesta ecc.ma Corte gia' nella sent. n. 299 del 1974, pur con riferimento ad altri tributi, ma affermando un principio di carattere generale, ha ritenuto che lo Stato, non appena riscuota entrate di spettanza regionale "dovra' immediatamente trasmettere il relativo importo alla Regione, onde evitare che questa abbia a subire pregiudizio nell'assolvimento delle sue funzioni per effetto di ritardi nell'acquisizione di quanto ad essa e' dovuto". Non e' fuor di luogo, inoltre, rappresentare l'effetto distorsivo sulle attribuzioni della Regione che si e' determinato in sede di attuazione delle disposizioni del decreto 7 dicembre 1999, a suo tempo censurate ed oggi integralmente riprodotte. Ed invero si evidenzia che le somme di spettanza della Regione siciliana, quale gettito dell'acconto I.V.A del dicembre 1999, non sono mai pervenute nella disponibilita' dell'erario regionale, in quanto sono state oggetto di compensazione, unilateralmente determinata da parte statale, con contrapposte partite di debito per anticipazioni effettuate ai concessionari della Sicilia per rimborsi in conto fiscale. E tale modo di soddisfazione, da parte dell'amministrazione finanziaria centrale dello Stato, di un "preteso credito mediante l'utilizzazione del riversamento che la struttura di gestione avrebbe dovuto effettuare in favore della Regione siciliana quale acconto I.V.A. di dicembre 1999 ai sensi del decreto 7 dicembre 1999" e' stato finanche censurato dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione siciliana che, quale "garante neutrale dell'equilibrio della finanza pubblica" ha ritenuto trattarsi "con evidenza di attivita' poste in essere in violazione dei noti principi di chiarezza del bilancio e di divieto di compensazione di partite, ed affetti da tutta una serie di irregolarita'" (cfr. Sintesi della relazione sul rendiconto generale della Regione siciliana per l'esercizio finanziario 1999, pag. 14). Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. L'impugnato decreto si rivela altresi' censurabile sotto il profilo della violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, poiche' indebitamente differenzia e diversifica la posizione dello Stato rispetto a quella della Regione siciliana. Ed invero, premesso che le disposizioni impugnate riguardano un tributo che, secondo la regola generale di ripartizione discendente dalle previsioni statutarie e dalle correlate norme di attuazione, spetta, per quanto riscosso nell'ambito del proprio territorio, alla Regione, le medesime disposizioni ne differenziano irragionevolmente, ed arbitrariamente, disciplina e termini di riversamento, non in forza di una diversa tipizzazione del tributo, bensi' esclusivamente in relazione alla percezione del conseguente gettito, e cioe' secondo che la relativa spettanza sia dello Stato o della Regione siciliana. In tal modo si determina una lesione del principio costituzionale di uguaglianza - che e' destinato a trovare applicazione, in forza di un procedimento di astrazione, anche nei confronti dei fatti, delle situazioni e degli istituti giuridici - quale puo' essere individuato nel divieto di discriminazioni arbitrarie ed ingiuste, e che postula, di contro, la ragionevolezza di una qualsiasi distinzione qualora fondata su fatti o situazioni obiettivamente diverse. Ancora, risulta leso il principio costituzionale del buon andamento, sancito dall'art. 97 Cost., che impone una leale collaborazione tra le varie amministrazioni pubbliche; e tale lesione risulta ancora piu' grave considerando non soltanto che non sono state tenute in alcun conto le osservazioni formulate - se pur con riferimento alle previsioni relative all'acconto I.V.A. del dicembre 1999 - dalla Regione siciliana, assessorato del bilancio e delle finanze, direzione regionale delle finanze e del credito, con nota prot. n. 312905/Gruppo 1/F del 13 dicembre 1999, indirizzata al Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, direzione centrale per la riscossione, ma sono state altresi' assolutamente disattese le motivazioni di fondo che hanno originato le censure di ordine costituzionale avverso il citato decreto dirigenziale 7 dicembre 1999. E certamente leso risulta il principio di leale cooperazione, valore fondamentale cui la Costituzione informa i rapporti tra Stato e Regioni, la cui espressione minima si configura nel dovere di mutua informazione e che, in ragione delle attribuzioni istituzionalmente ascritte avrebbe imposto, nella fattispecie, il raggiungimento di una preventiva intesa in ordine alle determinazioni da assumere per cio' che concerne specificatamente la Regione siciliana. Ma, anche a prescindere dal mancato riscontro delle osservazioni regionali, il principio del buon andamento risulta in ogni caso leso, in quanto lo Stato, nell'esercizio della propria funzione era tenuto a curare, autonomamente ed anche in assenza di puntuali rilievi, il rispetto di quell'interesse regionale ampiamente riconosciuto e tutelato dalle norme autonomistiche e di garanzia fissate dallo Statuto. Violazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Ancora si lamenta la violazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione sotto il profilo del mancato rispetto del principio della copertura finanziaria in esso contenuto; principio che si estende certamente oltre il bilancio dello Stato-persona in senso stretto (cfr. Corte costituzionale, sentenza 17 dicembre 1981, n. 189), e che avrebbe imposto, in ordine al bilancio della Regione siciliana, l'espressa previsione di riversamento delle somme di spettanza a titolo di acconto I.V.A. dicembre 1999. Rileva a tal proposito specificare inoltre che la lesione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, nonche' della autonomia finanziaria della Regione siciliana risulta dalla circostanza che il riversamento in parola, ancorche' integrale, non e' stato disposto in modo da aver corso, quale effetto di cassa, nello stesso esercizio finanziario in ordine al quale il gettito tributario in questione si determina, in forza della previsione di versamento, a titolo di acconto, di una quota del dovuto in ordine al mese di dicembre o al quarto trimestre. Non puo', inoltre, sottacersi che non ottemperando al versamento nelle casse regionali del gettito dell'acconto I.V.A. di competenza regionale nell'esercizio finanziario di riferimento, si snatura e si annulla la finalita' essenziale per la quale e' stata prevista tale specifica incombenza a carico dei contribuenti. Ed invero la relativa previsione risulta esclusivamente finalizzata all'immediata acquisizione, per cassa, del gettito riscosso a titolo di acconto, ferma rimanendo ovviamente l'imputazione per competenza. Ancora si rileva che il semplice ritardo nell'acquisizione del dovuto comporta una compressione delle disponibilita' di cassa della Regione con conseguente condizionamento delle sue possibilita' operative ed in ultima analisi delle sue scelte politiche. Non puo' invero contestarsi che tutte le determinazioni di spesa, restando ancorate alla necessita' di una copertura finanziaria, siano condizionate anche con riferimento al momento temporale in cui le corrispondenti entrate vengono riscosse, provocando di contro, quindi, anche il semplice slittamento temporale nell'acquisizione delle spettanze, una lesione dell'autonomia regionale.